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Il silenzioso cammino dell'Umanesimo Digitale

Questo testo nasce dalla mia mente, e attraverso la tastiera del mio computer viene trasferito lettera dopo lettera, simbolo dopo simbolo, a un software che elabora un testo. Una volta terminato – cosa che pare ancora lontana – lo invierò all’editor di una rivista digitale, che lo pubblicherà su una pagina internet alla quale voi accederete attraverso un browser che utilizza il suo dispositivo per navigare in rete. 

Questo testo nasce dalla mia mente, e attraverso la tastiera del mio computer viene trasferito lettera dopo lettera, simbolo dopo simbolo, a un software che elabora un testo. Una volta terminato – cosa che pare ancora lontana – lo invierò all’editor di una rivista digitale, che lo pubblicherà su una pagina internet alla quale voi accederete attraverso un browser che utilizza il suo dispositivo per navigare in rete. Rete invisibile che copre il globo terracqueo e connette ogni suo terminale alle autostrade dell’informazione. Il testo contenitore del messaggio, che viaggia attraverso codice binario, vi verrà presentato infine sotto una forma visuale.

Questo semplice esempio potrebbe così riassumere come il processo della comunicazione sia divenuto particolarmente esteso e complesso negli ultimi decenni, se non fosse che, dietro alla complessità delle fasi e delle mediazioni, l’immediatezza e il raggio di azione di cui godono i nostri pensieri nell’epoca attuale sono fenomeni che l’umanità non ha mai sperimentato in precedenza.

Il sistema binario, le reti, la comprensione, l’elaborazione quantistica hanno in comune il fatto di essere forme di astrazione del pensiero umano al servizio di se stesso. Tutte le aree della conoscenza si servono dei nuovi media per creare, elaborare, calcolare e comunicare. Negli ultimi anni, timidamente, il concetto di Umanesimo Digitale (Digital Humanities) ha iniziato a farsi strada tra le università, i centri di ricerca linguistici, i centri di archivi, le biblioteche e i musei, e i centri d’arte. Tuttavia, dall’avvento dei primi computer, l’umanesimo digitale è sempre stato presente, anche se la sua denominazione ha assunto, nelle diverse epoche, forme diverse. In un primo momento si parlava di computazione per le scienze umanistiche, anche se altre linee di applicazione iniziavano a servirsi dei computer per sviluppare le loro ricerche – per esempio, la linguistica computazionale.

In realtà, la nascita dell’umanesimo digitale ha un inizio preciso. A metà degli anni ’40 del Novecento padre Roberto Busa completava la sua tesi intitolata “La terminologia tomistica dell’interiorità”, dedicata allo studio del lessico di San Tommaso d’Aquino, in particolare allo studio del concetto di “interiorità” espresso da San Tommaso con la forma “essere in”. Nella tentativo di completare la sua analisi terminologica alla ricerca della particella in, padre Busa un giorno si trovò di fronte a 10.000 schede scritte di proprio pugno. Si rese pertanto conto che il suo lavoro era così vasto che avrebbe avuto bisogno di un aiuto esterno, e perché no, automatico. Intraprese quindi la ricerca di una macchina che riuscisse, in maniera automatica, a catalogare il lessico di San Tommaso. Fu così come arrivò alle porte dell’IBM, dove conobbe suo presidente Thomas Watson, che gli mise a disposizione le sue macchine di schede perforate per realizzare lo studio.

Dopo le schede perforate arrivarono i nastri magnetici, e trent’anni più tardi padre Busa riuscì – nel 1980 – a completare l’opera alla quale aveva dedicato buona parte della sua vita: “L’Index Thomisticus”. Quell’anno l’opera fu redatta con un computer per applicazioni scientifiche e stampato con una stampante laser, divenendo il primo testo stampato con tale tecnica. Si trattò anche della prima volta in cui i calcolatori vennero utilizzati per una ricerca in un ambito completamente umanistico, aprendo il cammino e tracciando una sfida nella storia sia delle scienze umanistiche che dell’informatica. Sarebbe stato solo l’inizio di una relazione a doppio senso che fino ad oggi ha preso molte forme: da un lato le discipline umanistiche fanno ampio uso delle nuove tecnologie per creare applicazioni che sistematizzano il lavoro. In ambito linguistico, artistico, comunicativo, storico, letterario, sociologico, le macchine digitalizzano, archiviano e organizzano contenuti multimediali che custodiscono la memoria storica dell’umanità in giganteschi database di centinaia di terabytes e pochi metri quadri. D’altra parte, i computer disegnano migliori applicazioni tecnologiche al servizio della cultura, mentre analizzano l’influenza dei nuovi mezzi nei processi socioculturali.

La base filosofica dello studio di tutte le scienze umanistiche genera metodi che ci aiutano a comprendere la cultura (episteme), producendo a loro volta meccanismi per l’archivio e il controllo della memoria (technos). E’ proprio questo sguardo umanistico a porre sempre più domande, nel suo desiderio di giocare un ruolo fondamentale nello studio della mediazione digitali nei processi della cultura umana. Questo avviene soprattutto in un ambiente digitale che giorno dopo giorno estende il suo ambito di influenza sulla vita quotidiana, e il suo grado di vicinanza al corpo umano stesso. Dal momento in cui l’uomo iniziò a coltivare i suoi alimenti, a creare strumenti e a rappresentare artisticamente le sue idee, lo sviluppo tecnologico, che si muove guidato dalla necessità ma anche dalla fantasia dell’essere umano, ha avuto l’obiettivo di condurre l’umanità verso l’artificio, allontanandosi dal suo stadio primitivo. In questo senso, la realtà virtuale rappresenta uno dei maggiori gradi di astrazione che la coscienza dell’essere umano ha finora raggiunto: l’isolamento cognitivo in un corpo digitale che non solo rinchiude la mente dell’utente, ma che proietta la fantasia del creatore in un mondo audiovisivo. La realtà virtuale presuppone un salto per tutte le arti, quando si può contare con la possibilità di incapsulare la totale attenzione del ricettore.

La crescita demografica, lo sviluppo tecnologico e la sua massificazione, sommati alla velocità dell’informazione e alla sua influenza di accelerazione nelle dinamiche socioculturali di tutte le comunità che vivono sul pianeta, richiedono un lavoro semantico agile che consenta la digitalizzazione, l’organizzazione e la catalogazione di tutti i materiali multimediali che costituiscono l’enciclopedia attuale della conoscenza umana, per facilitare il loro studio alle attuali e alle future generazioni. Nonostante si tratti di uno sforzo titanico ed estremamente importante, cresce sotto l’ombra dell’incertezza che continua a caratterizzare l’astrazione digitale: un grande black-out elettrico o la distruzione fisica delle macchine che custodiscono e trasmettono i dati potrebbe riportarci, in un secondo, a quello stadio primitivo dal cui tanto abbiamo lottato per allontanarci, del quale ci continuiamo a vergognare. Le macchine intelligenti connesse a internet (IoT – IoE) che ci semplificano la vita quotidiana e che hanno un impatto positivo sullo sviluppo dell’essere umano hanno anche un lato negativo: in molti dei casi non sapremmo sostituire manualmente il loro lavoro, se in un domani più o meno ipotetico dovessimo prescindere da esse.

In ogni caso, questo è un testo ottimista che considera le macchine nient’altro di quel che sono: uno strumento per il benessere e lo sviluppo umano.

E così mentre gli ingegneri creano e fanno funzionare le macchine, i naturalisti studiano la terra e i loro abitanti, i matematici, fisici e astronomi esplorano l’universo, e i filosofi e gli artisti si addentrano nelle profondità dello spirito, gli umanisti digitali silenziosamente tracciano le multiple connessioni tra la tecnologia e la cultura umana.

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El silencioso camino de las Humanidades Digitales

En este momento usted está leyendo este texto a través de una pantalla, sea cual sea. Este texto nace de mi mente, es transferido letra a letra, símbolo a símbolo, a través del teclado de mi portátil a un software procesador de texto.

En este momento usted está leyendo este texto a través de una pantalla, sea cual sea. Este texto nace de mi mente, es transferido letra a letra, símbolo a símbolo, a través del teclado de mi portátil a un software procesador de texto. Una vez terminado, cosa que aún no ha sucedido, lo enviaré al editor de esta revista digital, que lo publicará en un website al que usted ha accedido desde el browser que utiliza su dispositivo para navegar en la red. Red invisible que cubre el globo terráqueo y conecta cada terminal a las autopistas de la información. El texto contenedor del mensaje, que viaja en código binario, viene presentado a usted finalmente a través de la forma visual. Este sencillo ejemplo trata de resumir cómo el proceso de la comunicación se ha extendido y complejizado en las últimas décadas, pero a pesar de la complejidad de las fases y las mediaciones, la inmediatez y el alcance que en la actualidad tienen nuestros pensamientos son fenómenos que la humanidad en su historia nunca vio, hasta hoy.

El sistema binario, las redes, la compresión, la computación cuántica son todas formas de abstracción del pensamiento humano al servicio del mismo. Todas las áreas del conocimiento se sirven de los nuevos medios para crear, procesar, calcular y comunicar. En los últimos años, tímidamente se escucha el concepto Humanidades Digitales (Digital Humanities) rondar entre universidades, centros de investigación lingüística, centros de archivo como databases, bibliotecas y museos, y centros de arte. Sin embargo, desde la aparición de las primeras computadoras, las humanidades digitales han estado siempre presentes, aunque su denominación haya tomado diversas formas. Inicialmente se hablaba de computación para las humanidades, aunque otras líneas de aplicación también iniciaban a servirse de las computadoras para desarrollar sus investigaciones, por ejemplo la lingüística computacional.

En realidad, el nacimiento de las humanidades digitales tiene un inicio muy preciso. A mediados de la década de los 40’s el padre Roberto Busa, terminaba de escribir su tesis titulada “La terminologia tomistica dell’interiorità”, dedicada al estudio del léxico de Santo Tomás de Aquino, en particular al estudio del concepto de "interioridad" expresado por Santo Tomás con la forma essere in (ser en). En su análisis terminológico y en su búsqueda por la partícula in, el padre Busa un día llegó a encontrarse con 10.000 tarjetas escritas a mano por él mismo. Llegado a este punto, se dio cuenta que su trabajo era talmente vasto que requería de una ayuda extra, y por qué no, automática. Inició entonces la búsqueda de una máquina que lograra de manera automática catalogar el léxico de Santo Tomás. Fue así cómo llegó hasta las puertas de IBM, donde conoció a su presidente Thomas Watson, quien le puso a disposición sus máquinas de tarjetas perforadas para realizar el estudio.

Luego de las tarjetas perforadas llegaron las cintas magnéticas, y treinta años después, el padre Busa logró en 1980 completar la obra a la que había dedicado una buena parte de su vida: “El Index Thomisticus”. Ese año el Index Thomisiticus fue escrito con un computador para aplicaciones científicas e impreso con una impresora láser, convirtiéndose en el primer texto impreso en la historia de la publicación literaria con esta nueva tecnología. Fue también la primera vez que las máquinas calculadoras estuvieron a disposición de una investigación en campo completamente humanístico, abriendo paso y marcando un hito en la historia tanto de las humanidades como de la computación. Este sería sólo el comienzo de una relación de doble vía que hasta el día de hoy ha tomado muchas formas: por una parte las humanidades hacen uso de las nuevas tecnologías para crear aplicaciones que sistematizan el trabajo de la lingüística, el arte, la comunicación, la historia, la literatura, la sociología, etc; digitalizan, archivan y organizan contenidos multimediales que contienen la memoria histórica de la humanidad en gigantes databases de cientos de terabytes y pocos metros cuadrados; y por otra parte diseñan mejores aplicaciones tecnológicas al servicio de la cultura mientras analizan la influencia de los nuevos medios en procesos socio-culturales.

La base filosófica del estudio de todas las ciencias humanísticas, genera métodos que nos ayudan a comprender la cultura (episteme) produciendo a su vez mecanismos para el archivo y el control de la memoria (technos). Es justamente esta mirada propiamente humanística, la que se está planteando siempre más preguntas y desea jugar un rol fundamental en el estudio de la mediación digital en los procesos de la cultura humana. Especialmente en un ambiente digital que cada día amplía su rango de aplicación en la vida cotidiana, y su grado de cercanía al mismo cuerpo humano. Desde el momento en que el hombre inició a cultivar sus alimentos, crear herramientas y a representar artísticamente sus ideas, el avance tecnológico, que se mueve guiado por la necesidad pero también por la fantasía del ser humano, ha tenido el objetivo de conducir a la humanidad hacia el artificio, al alejamiento de su estado primitivo. En este sentido, la realidad virtual representa uno de los mayores grados de abstracción de la conciencia que el ser humano haya alcanzado: el aislamiento cognitivo en un cuerpo digital que no sólo encierra la mente del usuario, sino que proyecta la fantasía del creador en un mundo audiovisual. La realidad virtual supone un salto para todas las artes, cuando se tiene la posibilidad de encapsular la total atención del receptor.

El crecimiento demográfico, el desarrollo tecnológico y su masificación, sumados a la velocidad de la información y su influencia en la aceleración de las dinámicas socio-culturales de todas las comunidades que viven en el planeta, requieren de un trabajo semántico ágil que permita la digitalización, organización y catalogación de todos los materiales multimedia que conforman la actual enciclopedia del conocimiento humano, en modo de facilitar su estudio a las actuales y futuras generaciones. No obstante esta sea una tarea titánica y extremadamente importante, crece bajo la sombra de la incertidumbre que representa al mismo tiempo la abstracción digital: un gran apagón eléctrico o la destrucción de las máquinas que almacenan y transmiten los datos, podría en un segundo devolvernos al estado primitivo del que tanto hemos luchado por alejarnos, del que tanto nos avergonzamos. Las máquinas inteligentes conectadas a Internet (IoT - IoE) que nos simplifican la vida diaria y que tienen un impacto positivo en el bienestar del ser humano, tienen también un lado negativo: en muchos de los casos no sabríamos reemplazar manualmente su labor, si mañana llegaran a faltarnos. Pero este no es un texto pesimista, es un texto optimista que ve las máquinas como lo que son: una herramienta para el bienestar y el desarrollo humano.

Es así que mientras los ingenieros crean y operan las máquinas; los naturalistas estudian la tierra y sus habitantes; los matemáticos, físicos y astrónomos exploran el universo, y los filósofos y los artistas se adentran en las profundidades del espíritu, los humanistas digitales silenciosamente entretejen las múltiples conexiones entre la tecnología y la cultura humana.

Publicado en: Revista Sentidos

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